Uno Spazio di Riflessione
La Corte dei bambini vuole dedicare uno spazio pubblico ad alcune riflessioni che nascono dal nostro lavoro quotidiano con e tra i bambini.
Verranno pubblicati in questa sezione, un contributo (artcolo o riflessione che dir si voglia) proposto da un collaboratore della Corte.
Ognuno di noi, in quanto adulto, ha una responsabilità nei confronti dei bambini.
Ognuno di noi offre i propri talenti, piccoli o grandi che siano.
Le competenze e le inclinazioni personali offrono un punto di osservazione che, se messe in comune, possono garantire un patrimonio prezioso per tutti. Tutti, per noi, indica quella "comunità educante" che è composta da chiunque desideri esserne parte. I protagonisti di tale comunità sono sì gli adulti ma, ovviamente, anche i bambini che ci suggeriscono la direzione, a condizione di imporci il loro ascolto.
Quello che impariamo ogni giorno diviene un tesoro a patto che questo venga condiviso. Ecco perchè abbiamo accolto con entusiasno la proposta di Paolo Pigozzi, componente della Corte dei genitori, che ci iha nvitato a riservare un preciso spazio a questo scopo. Uno spazio nel quale far confluire alcune riflessioni o semplici annotazioni che provengono dal nostro lavoro. Un contributo nella speranza di essere d'aiuto a chi leggerà o semplicemente di suscitare curiosità e interesse.
Mangia che ti fa bene! Quante volte ce lo siamo sentiti dire da piccoli e quanto spesso lo diciamo ai nostri figli e nipoti. Convinti che questo invito sia un argomento convincente per far aumentare il consumo di frutta o verdure da parte dei bambini. Non sempre, occorre dire, con risultati soddisfacenti. Anche perché, a quell’età, la relazione tra una carota sgranocchiata e il senso di benessere (o, addirittura, la riduzione del rischio di qualche malattia) è probabilmente al di là della possibile comprensione. Per raggiungere questo importante risultato è allora meglio cambiare decisamente strategia. Ad esempio (ed è ormai noto) coinvolgendo i bambini nella preparazione del pasto. Lo testimonia ancora una volta una stimolante esperienza svizzera (Appetite, 2014 Apr 4;79C:18-24) che ha interessato 47 bambini dai 6 ai 10 anni suddivisi in due gruppi. I 25 bambini del primo gruppo hanno preparato il pranzo con l'assistenza di un genitore. Per il secondo gruppo il pasto è stato invece preparato dal solo adulto. Ebbene, i “bambini-cuochi” hanno mangiato, tra l’altro, il 76,1% in più di insalata rispetto ai bambini che non erano stati attivamente coinvolti. Inoltre, è stato osservato che i bambini più attivi avevano aumentato in modo significativo l’autostima e le capacità di autocontrollo. Aiutiamoli a crescere. Facendo.
Paolo Pigozzi
La rivista "BAMBINI" pubblicherà prossimamente un nostro contributo. Ci è stato richiesto per far conoscere ai propri lettori la nostra realtà e le motivazioni di fondo che ci hanno spinto alla proposta di una alimentazione vegetariana.
Di seguito l'articolo in questione.
Ciò che il sole ha riscaldato, che la terra ha in sé cullato, l’acqua e l’aria alimentato: le bambine e i bambini possono crescere assaporando i doni della natura e spontaneamente recepire il valore dell’armonia e del rispetto in sintonia con il ritmo delle stagioni.
Allergie, tra mito e realtà è il titolo del congresso dell'Organizzazione mondiale per le allergie (Wao) che si è svolto il 29-30 gennaio scorso presso l'Ospedale Bambino Gesù di Roma. In quella occasione sono state presentate le nuove linee-guida internazionali in materia. Negli ultimi 20 anni in Italia la percentuale di bambini allergici è più che triplicata, passando dal 7 al 25 per cento. Considerate dagli esperti come "malattie del mondo sviluppato", le allergie hanno cause diversificate come il minor contatto con alcuni elementi naturali (gli animali ad esempio), la scadente qualità dell'aria che si respira, le case eccessivamente pulite, nuclei famigliari ridotti (i primogeniti o i figli unici sono a maggior rischio di malattia allergica), la minore esposizione al sole. Nel congresso è stata anche sottolineata l’importanza negativa di una dieta priva di alimenti freschi e ricchi di microrganismi benefici per la salute (probiotici).
Ecco le linee-guida uscita dal congresso. Incrementare il contatto dei bambini con il terreno e la vita all’aria aperta, incoraggiare la convivenza tra bambini ed animali, favorire lo scambio di germi tra i bambini (proprio così!), promuovere il consumo di alimenti naturali crudi e di alimenti fermentati (yogurt, crauti, pane a lievitazione naturale, ecc.), ridurre l’uso di antibiotici ed antisettici nei primi giorni di vita, incrementare il consumo di alimenti ricchi di fibre per consolidare la flora batterica intestinale. (Per gentile concessione della rivista Vita e Salute)
Paolo Pigozzi
Oggi mi è capitato di incontrare una lettera aperta a Matteo Renzi scritta da Daniele Novara, pedagogista del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti.
Si tratta di una testimonianza talmente autorevole che un mio commento è inutile.
Desidero semplicemente segnalare le sue parole, senza aggiungere nulla se non semplicemente invitare ad una riflessione profonda sulle reali esigenze dei bambini.
Nella lettera c’è un invito a pensare ad una scuola diversa, della qual cosa non posso che essere pienamente d’accordo. Ma vorrei al contempo non accontentarmi di individuare in questa istituzione l’unica realtà che deve ripensarsi. Sarebbe troppo facile individuare in altro da noi, la scuola, l’unico responsabile per un’infanzia che non sta ricevendo ciò di cui ha bisogno. Noi adulti, tutti senza distinzione, siamo responsabili di ciò che accade intorno al mondo dell’infanzia. La scuola, e la politica che la disegna, sono lo specchio di un mondo che ci assomiglia, di un mondo che siamo noi a contribuire a disegnare nel non prendere posizione. Se non ci piace, la soluzione è cercare un’altra strada. I gesti del nostro quotidiano sono, potrebbero essere dirompenti e rivoluzionari.
Grazie Daniele Novara per aver così semplicemente espresso delle verità che, se pur evidenti, appaiono dimenticate.
Davide Quinci
A seguire la lettera aperta
Cantare, cenare assieme, raccontare e ascoltare storie da mamma e papà: i bambini che in età prescolare seguono queste consuetudini familiari tendono a essere emotivamente sani e meglio inseriti socialmente rispetto chi non le segue. Questi i risultati di uno studio (Journal of Developmental and Behavioral Pediatrics, 2014 Feb-Mar;35(2):93-9) che ha esaminato le abitudini famigliari di oltre 8500 bambini. Ogni rituale familiare aumenta le probabilità che i piccoli godano di buona salute socio-emotiva. In altre parole, secondo i pediatri autori della ricerca, questi bambini esprimono meglio i loro sentimenti, comprendono le emozioni degli altri, sviluppano e sostengono relazioni sane con i coetanei e con gli adulti. È noto inoltre che i bambini con queste capacità hanno ottime probabilità di avere successo a scuola. La ricerca ha contato quanto spesso i bambini partecipassero a cinque tipiche attività familiari come la cena consumata tutti assieme almeno cinque volte la settimana, la lettura, il racconto delle storie e delle favole e il cantare assieme almeno tre volte la settimana, il gioco almeno un paio di volte la settimana. Più era alto il numero di partecipazioni a queste attività, maggiori erano le probabilità di una buona salute sociale ed emotiva. È evidente che i bambini felici e sicuri imparano molto di più e interagiscono in modo sano con i coetanei e gli adulti.
Paolo Pigozzi
Il contributo al blog, questa volta, proviene da un amico, Fabio Alessandri, che suggerisce la lettura di un passo dell'autobiografia di Albert Schweitzer pubblicato sul suo sito.
Ecco il link: http://triartis.eu5.org/?p=922
Le idee che determinano l’essere e la vita di un uomo sono date in lui in modo misterioso. Al suo uscire dall’infanzia esse cominciano a metter gemme in lui. Quando egli viene afferrato dall’entusiasmo giovanile per il Vero e il Buono esse fioriscono e danno frutti. Nello sviluppo che in seguito attraversiamo, ciò che importa veramente è solo di vedere quanti dei frutti che il nostro albero aveva dato in primavera sono rimasti su di esso.
La convinzione che noi nella vita dobbiamo lottare per continuare a pensare e sentire come in gioventù mi ha accompagnato come un fedele consigliere lungo la mia via. Istintivamente mi sono sempre guardato dal diventare quello che comunemente si intende un «uomo maturo».
L’espressione «maturo» applicata all’uomo mi suonava e mi suona ancora adesso come qualcosa che non mi appartiene. Accanto ad essa ed assieme ad essa sento sempre risuonare come dissonanze le parole «impoverimento», «intristimento», «ottusità». Ciò che comunemente ci capita di giudicare come maturità in un uomo non è che rassegnata ragionevolezza. La maturità uno se la acquista su modelli altrui, abbandonando pezzo a pezzo i pensieri e le convinzioni che gli erano cari quando era giovane. Credeva nel trionfo della verità, ora non ci crede più. Credeva negli uomini, ora non più. Credeva al Bene, ora non ci crede più. S’infervorava per la giustizia, ora non più. Aveva fiducia nella potenza della bontà e della natura pacifica, ora non più. Poteva entusiasmarsi; ora non più. Per navigare meglio tra i pericoli e le tempeste della vita ha alleggerito la sua barca. Ha buttato via merci che riteneva superflue. Ma ciò di cui si liberava erano le scorte di cibo e di acqua. Ora egli naviga più leggero, ma come uomo si strugge.
Sfogliando “la Repubblica” di sabato 1 novembre, incontro un articolo intitolato “Matematica in cinese giochi, teatro e cucina ecco l’asilo del futuro per bimbi-manager”. Interessato, lo leggo con molta curiosità. Si racconta di alcune scuole dell’infanzia, sparse per l’Italia, in cui vengono proposti dei percorsi stimolanti nei quali la realtà del mondo “di fuori”, quello perlomeno descritto da alcuni adulti, entra e orienta le attività.
Così, ad esempio, le lingue straniere sono in prima linea: e non ci sarebbe niente di male. Infatti, cosa c’è di male nell’esperire suoni e sonorità “altre”? Nulla. Quella che mi colpisce, è la motivazione nella scelta delle lingue. Si scelgono il portoghese, il cinese, il russo perché parlate dalle economie emergenti. Non si tratta di offrire un’esperienza con linguaggi diversi per allargare la gamma dei suoni e poter giocare con le possibilità del linguaggio. Si tratta di insegnare quelle lingue che saranno utili da “grandi” nel rapportarsi, nel mondo del lavoro, con quei popoli. Purtroppo. Forse sono un po’ romantico ma credo che sia un tantino presto per un bambino di 3 o 4 anni avere questi obiettivi.
Comunque procedo nella lettura : “ Gruppo Mirò ( i più piccoli nemmeno tre anni), tutti al piano cortile” fa la maestra. Sotto con le lezioni su storia e cultura ( cucina compresa) dei Paesi del G 20”. A Bergamo…”c’è un asilo dove si studia da manager. Un viaggio nel futuro per bambini da 3 a 6 anni. Allievi formato worldwide allevati a colpi di idiomi, calcoli algebrici..”. L’autore dell’articolo è entusiasta e prosegue nella descrizione di altre realtà , ma io mi fermo qui nella descrizione di questo “pezzo” poiché mi sembrano brani sufficientemente espliciti.
Sono perplesso e basito. Credo fermamente che se noi adulti abbiamo un dovere nei confronti dei bambini ,questo sia quello di rispondere alle necessità, materiali e spirituali, dei nostri bambini. Dobbiamo chiederci, sempre: a cosa rispondiamo offrendo questo, oppure quello ai nostri bambini? Ad una loro od ad una nostra esigenza? La necessità si misura al presente e non al futuro se vogliamo che gli adulti del futuro non siano costretti a tornare nel passato per ricostruirlo…magari con l’aiuto di un terapeuta.
Voglio credere in un altro asilo, in un asilo in cui salire su un albero sia concesso perché è bello e per nessun altro motivo. Voglio credere in un asilo in cui un bambino possa essere in grado di scegliere , perché ne ha il diritto. Non credo che decidere oggi se nostro figlio sarà un manager ( ma anche un avvocato o un falegname) possa permetterlo.
L’articolo termina con questa chiusa: Piccoli talenti da manager crescono.
Incredulo e triste ho chiuso il giornale e ho deciso di scrivere qualcosa.
A SEGUIRE L'ARTICO SOPRACITATO.
Le buone abitudini a tavola dei bambini hanno radici già nel primo anno di vita e producono effetti positivi anche a distanza di anni. È questa la sintesi di uno studio (tutti i particolari su Pediatrics. September 1, 2014) che ha coinvolto bambini che sono stati seguiti dalla nascita fino a sei anni di età. Il coordinamento dello studio era a cura della Food and Drug Administration (Fda) e dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) in collaborazione con altre agenzie federali statunitensi. Che cosa hanno osservato i ricercatori statunitensi? Se i genitori iniziano più tardi a introdurre nella dieta cibi e bevande diversi dal latte materno, minori sono le probabilità che il loro bambino abbia infezioni respiratorie a sei anni di età. I bambini allattati al seno più a lungo consumano più spesso (all’età di sei anni) acqua, frutta e verdura. Mentre bevono con minor frequenza succhi di frutta e bevande zuccherate, le quali sono fortemente implicate nei processi metabolici che sfociano nell’obesità. Quando invece ai bambini sono offerte bevande zuccherate nel corso del primo anno di vita, raddoppiano le probabilità che rimangano legati a questi alimenti anche quando saranno più grandicelli. Infine, se i bambini mangiano di rado frutta e verdura nel primo anno di vita, è molto probabile che questa cattiva abitudine rimanga anche a sei anni.
Non occorre spendere altre parole per chiarire l’importanza di far acquisire abitudini e comportamenti salutari nei primi anni di vita dei bambini.
Paolo Pigozzi